LA CURA: STRUMENTO DI PACE E DI RIVOLUZIONE

  • Autore dell'articolo: di T. Catalano
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Il concetto di cura, studiato dalla pedagogia e dalla psicologia di oggi, potrebbe rappresentare un buon antidoto per questi tempi così avvelenati dal linguaggio dell’odio, dalla guerra, dalla violenza, dalle discriminazioni e dall’individualismo. Che rapporto potrebbe avere con il Buddismo di Nichiren? 

LA CURA DI SE STESSI: VENERARE E RISPETTARE LA NOSTRA UNICITA’

Possiamo distinguere tra due tipi di cura: quella di sé e quella degli altri. Le due cose vanno intese come i risvolti della stessa medaglia. In una celebre lettera indirizzata alla monaca laica Toki, Nichiren Daishonin, il fondatore del Buddismo che da lui prende il nome, scrive: Prenditi cura di te e non affliggere la tua mente (RSND, 1, 585). Ma che cosa significa profondamente? 

Prendersi cura di sé è, ad esempio, non giudicare né denigrare se stessi, non dare spazio alla lamentela nella nostra vita: non lasciarsi dominare dal pensiero negativo, dal dubbio, dal pessimismo. Bensì, significa valorizzarsi, rispettarsi, ascoltarsi, credere in se stessi e nel proprio infinito potenziale: impegnarsi, insomma, a scegliere il pensiero positivo, l’ottimismo, la speranza. Vuol dire, soprattutto, venerare l’unicità, la bellezza e la dignità della propria vita, cioè la nostra intrinseca natura di Budda. Questo punto è ben esemplificato da una celeberrima canzone di F. Battiato, La Cura: “Perché sei un essere speciale / ed io avrò cura di te”.

Pensando al Buddismo di Nichiren, la pratica per sé e, in particolare, la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo rappresentano forse la forma più alta di cura di sé. Come scrive Nichiren:

“Quando c’è da soffrire, soffri [intende “illumina la sofferenza]; quando c’è da gioire, gioisci [intende “apri la tua vita”]. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge? Rafforza il potere della tua fede più che mai”

RSND, 1 607.

Possiamo recitare Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon così come siamo, senza filtri, proprio perché solo così possiamo prenderci veramente cura di noi stessi. 

D. Ikeda scrive: “La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità” (RU, 1, IV). Per rivoluzione umana intendiamo il percorso di trasformazione interiore, di autoriforma personale, compiuto affrontando la realtà attraverso la fede in Nam-myoho-renge-kyo, seguendo gli incoraggiamenti di D. Ikeda. Ma il cammino non è facile. Spesso, più cerchiamo di trasformare la nostra vita, più si alzano davanti a noi delle montagne che sembrano insormontabili. Che fare in quel momento? Per il Buddismo, la nostra mente e il nostro ambiente sono strettamente collegati. Per questo, Nichiren ci incoraggia a diventare padroni della nostra mente, e non viceversa: questo perché, se la negatività della mente ci governa, questa stessa negatività si proietterà nel nostro ambiente esterno. Se trasformiamo noi stessi, prendendoci cura di noi in questo modo, allora anche l’ambiente cambierà.  

Oltre alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e lo sfidarsi all’insegna di fede-preghiera-azione, può essere utile seguire i tre punti suggeriti da S. Pritchard, vicepresidente della Soka Gakkai Europea, al Corso Giovani di Chianciano 2025 (NR, 907): rispetto, fiducia, auto-incoraggiamento caloroso. Questo non vuol dire illudersi che tutto vada bene quando, in realtà , le cose stanno andando a rotoli. Significa, piuttosto, scegliere di aprire il proprio cuore, anche nei momenti più difficili. S. Pritchard ha chiesto ai giovani del corso di Chianciano che cosa avrebbero detto, se si fosse presentato davanti a loro una persona che stesse passando la loro stessa situazione. Ha chiesto come l’avrebbero incoraggiata. Infine, ha spronato i giovani a riportare quello stesso incoraggiamento nelle proprie vite. In sintesi, se impariamo ad auto-incoraggiarci, impariamo a diventare padroni della nostra mente, a scegliere e creare ogni volta la speranza, lì nel luogo dove ci troviamo. 

LA CURA DEGLI ALTRI: IL CUORE CHE E’ IMPORTANTE

Alla cura degli altri corrisponde l’apertura del nostro cuore verso le altre persone. L’attenzione, l’ascolto e l’empatia sono degli strumenti che ci possono aiutare: sono ingredienti essenziali della compassione in senso buddista, come scrive D. Ikeda:

“Alla base dell’azione buddista c’è la compassione, che presenta due aspetti: togliere sofferenza e trasmettere gioia, cercando di eliminare le preoccupazioni e i timori delle persone offrendo gioia, rassicurazione e speranza”

D. Ikeda, Cos’è la felicità, p. 100.

Una delle forme più alte di cura degli altri è lo shakubuku, cioè parlare agli altri di Buddismo. Ma che cosa vuol dire profondamente? Permettere a tutte le persone di rivelare la propria condizione di Budda perfettamente dotati ed essere felici, trasformando la propria vita e sprigionando il proprio infinito potenziale, contribuendo alla realizzazione della pace. Anche la pratica per gli altri è una forma di cura. A questo proposito, D. Ikeda scrive:

“Dedicarsi agli altri è un impegno che deve essere assolto nutrendo sempre gratitudine verso gli altri: dedicarsi agli altri ci permette di crescere e di diventare persone più forti. Non dimentichiamo che la fortuna, i benefici e la saggezza crescono nella misura delle azioni che compiamo per la causa di kosen-rufu. […] Verrà invece il giorno in cui […] ci accorgeremo di quanto la tenacia con cui abbiamo continuato a dedicarci alla felicità dei nostri amici ci abbia fatto crescere e resi forti. Ci renderemo conto di quanto la sincerità con cui abbiamo recitato daimoku [recitare Nam-myoho-renge-kyo] pensando ai nostri amici abbia arricchito il nostro cuore. […] Verrà il giorno in cui queste persone diranno di noi: “Saperlo al mio fianco mi ha permesso di rialzarmi”, “Se sono quello che sono è merito di quel compagno di fede di allora”

D. Ikeda, Cos’è la felicità, 99.

Quando troviamo un giusto equilibrio tra cura di sé e degli altri, cioè anche tra pratica per sé e pratica per gli altri, possiamo davvero realizzare la nostra vita a 360 gradi, superando i nostri limiti.

LA CURA COME STRUMENTO DI RIVOLUZIONE PER LA CREAZIONE DELLA PACE

Quando parliamo di cura degli altri, non ci limitiamo a intendere solo la cura di un essere umano verso un altro essere umano, ma anche quella dell’umanità verso il patrimonio culturale, il paesaggio, la natura, gli animali, la difesa dell’ambiente. In generale, è prendersi cura degli altri lottare per la pace e la libertà, per l’educazione e per una società più giusta, più solidale, più inclusiva. 

Nel nostro tempo, dominato dal linguaggio dell’odio, dalle discriminazioni, dalla violenza e dalla guerra, scegliere di prendersi cura di sé e degli altri, cioè non rassegnarsi al pessimismo, al male e all’egoismo, ma scegliere la speranza, il bene, l’amore di sé e degli altri, con dedizione sincera e altruista verso le persone, rappresenta un gesto rivoluzionario. Un gesto di controtendenza rispetto all’andamento della mentalità comune. Un gesto di pace

Possiamo vedere nella cura anche una forma di dialogo: di profondo e sincero dialogo con se stessi nel caso della cura di sé, di dialogo per la costruzione della pace nel caso della cura degli altri. A questo proposito D. Ikeda scrive:

Il Buddismo di Nichiren Daishonin dissolve il senso di impotenza e il pessimismo risvegliandoci alla verità: siamo noi i protagonisti del cambiamento. A volte può sembrare impossibile realizzare un cambiamento in un singolo paese o addirittura nel mondo. […] Una trasformazione interiore nel cuore e nella mente degli esseri umani è il punto di partenza di un cambiamento autentico non solo nella società, ma anche nel paese e nelle condizioni ambientali. […] Lo strumento più efficace per unire le persone è il dialogo, continuo e incessante. Quando noi […] ci impegniamo tenacemente a dialogare con le persone intorno a noi, senza mai arrenderci davanti a nessuno, non solo risvegliamo la nostra natura di Budda ma anche quella della persona con cui stiamo parlando”

BS, 190.

Proprio perché la cura è così importante per trasformare la nostra vita e quella dell’intera umanità, per fare la differenza nella società ed essere le ruote motrici del cambiamento, è fondamentale approfondire ogni giorno di più la nostra fede: è qui che possiamo trovare la forza per non arrenderci mai, anche nei momenti più duri. Come dice D. Ikeda:

“Nel Buddismo, la forte fede nella Legge mistica si chiama mondo di Buddità. Se la spada della fede rimane nel fodero, non serve combattere gli ostacoli; se non viene lucidata si appannerà e diverrà debole. Quelli che non sfoderano la propria spada interiore, né la fanno risplendere, conducono vite piene di paure e di timori. Questa magnifica spada è il vostro stesso cuore; è il vostro stesso carattere. Dunque far risplendere la spada interiore significa studiare, sviluppare amicizie e costruire un forte io”

D. Ikeda, Sfide e visioni per il futuro, 45.