Si è Budda nella vita e nella morte

  • Autore dell'articolo: ilvolocontinuo.it
Enrico racconta come la perdita della nonna gli abbia permesso di trasformare i rapporti in famiglia
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La storia di Enrico

Mi chiamo Enrico, ho 36 anni, vivo a Salerno e pratico il Buddismo dal 2012.

Ultimamente ho sentito il bisogno di essere più presente per mia madre, cercando di sostenerla in un periodo difficile. L’ultimo anno è stato particolarmente pesante per lei, segnato dall’ansia e dalla preoccupazione per mia nonna, che non stava bene e abitava sola in un paese in provincia lontano da casa nostra, dove l’aiuto dei parenti più vicini non era sempre sufficiente.

Nonostante mia madre non si sia mai sentita amata e valorizzata da mia nonna, avrebbe voluto starle più vicino e offrirle più aiuti, ma non era possibile perché le sue condizioni di salute non le permettevano di andare a trovarla in autonomia.

Questi erano motivi di frequenti discussioni e scontri con i suoi fratelli, con cui non riusciva ad avere un dialogo pacifico, ma io la incoraggiavo continuamente a intraprendere uno scambio basato sul rispetto che unisse la famiglia.

Quando a febbraio mio zio ci ha fatto sapere che nonna era in ospedale in fin di vita, ho deciso di mettere da parte i miei impegni e ho promesso a mia madre che l’avrei aiutata al meglio delle mie capacità perché riuscisse a trascorrere più tempo possibile con lei. Volevo che nessuno di noi avesse dei rimpianti, né che nonna se ne andasse in questo clima di tensione.

Per un paio di settimane mi sono sforzato di accompagnare mia madre in ospedale a ogni occasione, recitare costantemente Nam-myoho-renge-kyo e studiare il Gosho (le lettere che Nichiren Daishonin scriveva ai suoi discepoli) L’eredità della Legge fondamentale della vita, dove si spiega che la vita e la morte non sono altro che due fasi dell’esistenza che pervade tutto l’universo.

La vita e la morte costituiscono il grande ed eterno ritmo dell’universo stesso. Quando riusciamo a cogliere il sé più grande dentro di noi che è parte di questo ritmo e sentiamo nelle profondità del nostro essere che questo ritmo è la pulsazione fondamentale che sostiene la nostra vita, allora possiamo superare la sofferenza della morte. La strada per la liberazione interiore consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo e nell’insegnare agli altri a fare lo stesso.

Daisaku Ikeda, L’eredità della Legge fondamentale della vita. Lezione di Daisaku Ikeda sullo scritto di Nichiren Daishonin, Esperia, pag. 12

Infatti, il 15 febbraio decisi che avrei trasformato radicalmente il mio stato vitale prima di andare a far visita a mia nonna: non volevo rassegnarmi alla sua condizione ma dedicarmi alla felicità della nostra famiglia, e incoraggiare chiunque avessi incontrato come se fosse l’ultima occasione per farlo. Arrivati in ospedale, grazie al Daimoku fatto fino a quel momento, il mio atteggiamento ha contagiato tutte e tutti, risollevando gli animi.

Mia nonna, che fino a un attimo prima non era presente a sé stessa, si è ripresa e abbiamo chiacchierato tantissimo! Mi ha raccontato storie che non avevo mai ascoltato prima e abbiamo addirittura riso insieme felicemente. Nella stanza c’erano anche mia madre e mio zio, che ci guardavano increduli.

A un certo punto, avvolto da quell’atmosfera gioiosa, ho sentito emergere dal cuore una domanda che ho rivolto a mia nonna, indicando i suoi figli: «Li vedi quei due? Gli vuoi bene?». Lei ha risposto: «Certo che gli voglio bene, sono gli amori miei!». Ci siamo commossi perché non aveva mai espresso apertamente i suoi sentimenti verso di loro.

Quando siamo andati via abbiamo lasciato nonna sorridente e felice. Quella sera stessa, durante il sonno, ci ha lasciati con tranquillità e con uno stato vitale raggiante. Non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata davvero l’ultima occasione di parlarle, tantomeno che le sue ultime parole nei confronti di mia madre la facessero finalmente sentire amata.

Persino il giorno dopo, mentre eravamo in obitorio, sono riuscito a dialogare con tutti, incoraggiandoli e trasmettendo serenità. Alla fine, mia madre e i suoi fratelli sono riusciti a riconoscere l’impegno reciproco che ciascuno aveva messo nell’accudire mia nonna. Questo ha permesso ai loro rapporti, a lungo tesi, di ritrovare la pace. Perfino alcune mie cugine, incuriosite dal mio comportamento, mi hanno chiesto di parlare loro del Buddismo. Ho provato estrema gioia e gratitudine!

Questa esperienza mi ha anche permesso di approfondire la relazione con mia madre, comprendendo di avere un ruolo importante nella sua vita, e di portarle una vittoria concreta per ringraziarla di aver sempre sostenuto il mio percorso nel Buddismo.