VIVA LA PACE

  • Autore dell'articolo: di T. Catalano
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Le parole di Ghali a Sanremo 2024 sono diventate motivo di grande dibattito, anche di carattere politico, nel nostro paese. La posizione del cantante ospitato da Mara Venier a Domenica in ha risuonato come un tuono: “La gente ha sempre più paura  di dire “stop alla guerra” o “stop al genocidio”, perché sente di perdere qualcosa se dice “viva la pace”: è assurdo”.  In questo clima generale, ci sembra utile recuperare le parole del messaggio di fine anno 2023 del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, un discorso che è stato generalmente apprezzato da tutte le parti politiche, dalla società civile nel suo insieme, che ha ribadito l’assoluta necessità della pace e rivelato non pochi punti in comune con le basi dell’insegnamento del Buddismo di Nichiren. 

PER UN’EPOCA DI PACE

Per il messaggio televisivo di fine 2023, il Presidente Sergio Mattarella ha tenuto un discorso caratterizzato da forti contenuti etici, che trovano molti punti in comune con gli insegnamenti del Buddismo di Nichiren. “Naturalmente, non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità”. Già il solo incipit del messaggio, che si inserisce in un momento di festa, come è proprio del Capodanno, sottolinea l’importanza di mantenere lo sguardo vigile nei confronti delle complesse sfide del presente. Sembra qui quasi riecheggiare le celebri parole di Nichiren Daishonin: “Se vi preoccupate anche solo un po’ della vostra sicurezza personale, dovreste prima di tutto pregare per l’ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quadranti del paese”. (RSND, 1, 25) Mattarella individua nella nostra attuale società una stagione di crisi, fitta di pericoli, ma anche di opportunità di crescita. Proprio l’idea di crisi che ha in mente Mattarella si può dire affine al significato che hanno le difficoltà per il Buddismo: rispecchia, in una qualche misura, il principio buddista di trasformare il veleno in medicina. Infatti, nell’ottica buddista, le difficoltà che incontriamo rappresentano, da una parte, il modo con cui il nostro karma negativo personale si manifesta e, dall’altra, sono soprattutto un’occasione per trasformare, forgiare e migliorare la nostra vita, se certamente decidiamo di superarle attraverso la fede e la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo: “Solo sconfiggendo un potente nemico si può dimostare la propria vera forza”. (RSND, 1, 267).

“La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. […] Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia.  […] Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. […] La guerra non nasce da sola. Non basterebbe neppure la spinta di tante armi, che ne sono lo strumento di morte. […] Nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini”. Con queste parole il Mattarella condanna definitivamente la guerra, in ogni sua forma e manifestazione; sottolinea come quest’ultima nasca in primis dalla profondità della natura umana, da quella che, per il Buddismo, si suole definire oscurità fondamentale: l’incapacità di vedere o riconoscere la verità, in particolar modo la vera natura della propria vita (Dizionario del Buddismo, 414). Mattarella afferma che il conflitto scaturisce sempre da un inaccettabile principio di disuguaglianza, che prevede che non sia riconosciuta la dignità della vita dell’altro, il cui rispetto è alla base dell’insegnamento del Buddismo di Nichiren. In questo frangente, Mattarella si avvicina alle parole di D. Ikeda, il quale scrive: Niente è più barbaro della guerra. Niente è più crudele. Eppure, la guerra non cessava. Niente suscita una pietà maggiore di un’intera nazione travolta dalla stupidità delle persone”. (RU, 1, 1)È indispensabile fare spazio alla cultura della pace. […] Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità. […] Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade[…]. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. […] Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Dipende, anche, da ciascuno di noi”. A nostro avviso, devono restare sempre più al centro del dibattito tanto l’istanza di pace mondiale quanto, parallelamente, la necessità di una mente umana che riesca a concepirla, costruirla e viverla (la pace). Bisogna rifiutare categoricamente, in definitiva, l’idea comune che sostiene che la guerra sia uno strumento ancora accettabile nel 2024: quest’ultima infatti si fonda sempre, a nostro avviso, su un’illogica e immorale concezione di realpolitik, che è a sua volta basata sulla criminale scusante che le armi e il sangue vengano utilizzati dall’alba dei tempi per risolvere i conflitti. In ultima analisi, sia Mattarella sia D. Ikeda, suggeriscono  un cambio di rotta, di paradigma culturale, tanto spirituale quanto mentale, basato sulla ricerca della pace. Ma come realizzarlo? E quale strumento può mai permettere di trasformare così profondamente la mente e il cuore degli esseri umani, per il Buddismo di Nichiren? La recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, che purifica la vita e il karma delle persone, facendo emergere da dentro di noi la parte più illuminata, felice, gioiosa, compassionevole insita nella vita, la Buddità. 

IL RISPETTO DELLA DIGNITÀ DELLA VITA

Il discorso di Mattarella, dopo aver condannato la violenza di genere che dilaga nella nostra società, con il terribile numero di femminicidi che tutti sappiamo, dopo aver sottolineato la necessità di un’attenzione più significativa per le fasce più deboli della società – gli anziani, gli studenti, i migranti – come indispensabile segno di progresso della civiltà umana, affronta il tema della cosiddetta parità di genere: “Significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari”. Per gli insegnamenti contenuti nel Sutra del Loto, non ci sono differenze fra uomini e donne: nel sutra è presente la figura della Figlia del re Drago, una bambina orripilante, mezza donna, mezzo mostro, che, nell’incredulità di tutti gli uomini presenti, consegue l’illuminazione, immediatamente, grazie alla pura e sincera direzione del suo cuore rivolto al Budda. Nel sutra stesso, infatti, è contenuta un’idea rivoluzionaria, cioè che la Buddità, lo stato vitale più alto e puro dell’essere, sia presente non solo negli uomini, ma anche nelle donne. Nel Giappone del Duecento, tale concezione, recuperata e promossa dal monaco Nichiren Daishonin, scatenò un vero putiferio, perché andava a sovvertire tutte le credenze culturali patriarcali, a intaccare i privilegi e lo strapotere delle varie gerarchie del tempo (economiche, politiche, sociali, religiose). Ecco, dunque, perché il fatto che oggi non ci sia parità salariale fra uomini e donne non può più essere accettabile: ogni sforzo di lotta contro questa forma di disuguaglianza di genere è, autenticamente, una lotta per il riconoscimento e il rispetto della dignità umana. 

“Adesso, con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. […] Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana”. Nel riflettere sui rischi della nuova rivoluzione digitale, a causa dello sviluppo della intelligenza artificiale, il Presidente sottolinea la necessità che questa rivoluzione non perda di umanità. È certamente in linea con le parole di Nichiren: “Il vero significato dell’apparizione in questo mondo del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sta nel suo comportamento da essere umano” (RSND, 1, 756). Dunque, in una società alienante che mercifica persone, vite e sentimenti, che mescola finzione e realtà, ritornare alla radice spirituale, alla nostra umanità, si potrebbe affermare, deve essere l’unica vera rotta da seguire. Bisogna certamente sapersi adattare al cambiamento, che è insito nella vita, ma anche affrontarlo con consapevolezza e saggezza. L’intelligenza artificiale ormai esiste, non possiamo tornare indietro: tutto sta sul che cosa ne faremo, se la utilizzeremo per sfruttare l’umanità o per aiutarla a crescere in armonia. Proprio su questa necessaria attenzione verso i cambiamenti della società, le parole di Mattarella incontrano quelle di D. Ikeda, che scrive: “In generale, i veri leader buddisti devono essere capaci di percepire acutamente i cambiamenti della società. Adattandosi a essi così da poter prendere -come un potente computer- le misure adeguate ai bisogni dei tempi, alle capacità e alle condizioni di vita delle persone. Come dice il proverbio, “una foglia che cade annuncia l’inverno” (D. Ikeda, Il Gosho e le basi della fede, 30)