NUOVI ORIZZONTI la forza del dialogo interreligioso

  • Autore dell'articolo: di T. Catalano
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Le guerre continuano a imperversare nel mondo, rendendo più incerto il nostro futuro. Tutt’oggi, come dimostra la cronaca recente, i nuovi conflitti scoppiano ancora per motivi religiosi. Interrogarsi sul tema del dialogo interreligioso può allora rappresentare uno strumento fondamentale per la costruzione di un nuovo mondo di pace e felicità per l’umanità. 

IN PRINCIPIO ERA LA MERAVIGLIA

Fin dall’alba dei tempi, gli esseri umani hanno ricercato nella religione il significato della propria esistenza. Così facendo, è accaduto che, con lo svilupparsi delle differenti culture, siano sorti altrettanti diversi e distinti credi religiosi in tutto il mondo. Si comprende, quindi, come ci sia un fortissimo legame tra la  religione e la cultura di ogni popolo. A questo proposito, D. Ikeda scrive:

Naturalmente ogni religione presenta proprie caratteristiche e diversità. Se chiediamo, ad esempio, cosa s’intende per “serenità spirituale”, troveremo di sicuro molteplici risposte, differenti da una confessione all’altra. […] Le particolari connotazioni di ogni religione nascono da un complesso di influenze dovute alle diversità degli esseri umani, alle caratteristiche di ogni epoca, alle peculiarità di ogni luogo e alle diverse evoluzioni della storia.

(RSND, 1, XI) https://biblioteca.sgi-italia.org/rsnd/prefazione-ikeda-edizione-italiana

RELIGIONE E POTERE

Dato che spesso la religione controlla i comportamenti permessi o meno ai fedeli (cosa, come e quando bere o mangiare, come regolare le proprie pratiche sessuali ecc.), essa si lega alla politica, intendendo quest’ultima nel senso etimologico del termine, perché tocca la vita di tutti i membri della comunità sociale di cui fanno parte. Come osserva lo storico greco antico Polibio, la religione è stata – ed è – un instrumentum regni, cioè un mezzo potentissimo per controllare le vite delle persone. Essa ha fatto leva sulla paura, in primis quella della morte, e sulla superstizione nel corso dei secoli.

Come noto, la storia dell’Europa, che ci risulta forse più vicina e familiare per ovvie ragioni,  è stata segnata da numerosi conflitti religiosi che esemplificano bene il rapporto tra religione e potere nel vecchio continente. Infatti, come tutti sanno, in tali scontri la religione è sempre stata presa a pretesto per far scoppiare guerre che avevano in realtà motivazioni, fini e obiettivi di carattere non solo politico e d’espansione territoriale, ma soprattutto economico. In questo frangente, solo per citare alcuni esempi, si possono menzionare, da una parte, le Crociate medievali e, dall’altra, le Guerre di religione del Cinquecento.

A imprimere una radicale svolta nel quadro degli scontri armati di matrice religiosa in Europa, ci fu la Guerra dei trent’anni (1618-1648), combattuta fra cattolici e protestanti: fu certo uno dei più tragici momenti della storia europea e andò a coinvolgere quasi tutte le principali potenze del continente del tempo. Dopo gli esiti traumatici di tale conflitto, dalla seconda metà del Seicento si diffusero un sentimento e una volontà, in una qualche misura, di conciliazione tra le differenti confessioni. Si sviluppò e si affermò così, in ambito europeo, un nuovo concetto filosofico e giuridico, davvero rivoluzionario: la tolleranza religiosa. Hanno contribuito alla sua formazione la Lettera sulla tolleranza di J. Locke, le opere di D. Hume, il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, che presenta una radicale critica contro la visione superstiziosa e fanatica della religione.

IL CONCETTO DI TOLLERANZA RELIGIOSA

Ma che cosa intendevano gli intellettuali, i politici del tardo Seicento, e poi del Settecento, per questa tolleranza religiosa? Un concetto giuridico e filosofico, che, sviluppato soprattutto dalle innovative idee dell’Illuminismo, è stato certamente ereditato dagli stati di diritto occidentali, dalle democrazie liberali dell’Otto-Novecento, arrivando fino alla nostra attuale Repubblica democratica: la condizione attraverso la quale le credenze e le pratiche di una o più religioni, diverse da quella professata all’interno di un popolo o di una nazione, vengono accettate o consentite. A partire soprattutto dal Settecento fino ad arrivare ai nostri giorni, l’idea di tolleranza religiosa così delineata è divenuta senza dubbio un indispensabile strumento per portare equilibrio e pace nelle nostre società, dove convivono differenti culti religiosi all’interno di uno stesso paese. Tuttavia, proprio questo modo di concepire e intendere la tolleranza presenta, a ben guardare, dei limiti particolarmente rilevanti e degni di nota, tanto da un punto di vista strettamente lessicale che storico, che hanno, in una qualche misura, contribuito a non risolvere pienamente la natura della questione. Come precedentemente sottolineato, il concetto di tolleranza nasce nell’età moderna, ai tempi delle monarchie assolute, all’interno delle quali il sovrano – si pensi a Luigi XIV – si sentiva investito e legittimato del potere direttamente dalla volontà divina. Perciò, se la sovranità regale si reggeva tutta sulla religione riconosciuta dallo Stato, gli altri culti religiosi rappresentavano una possibile minaccia per la sopravvivenza stessa della monarchia. Ecco perché, naturalmente, le altre religioni potevano essere tutt’al più tollerate. La tolleranza religiosa è poi approdata nelle nuove democrazie liberali, come si diceva, conservando un’ambiguità lessicale non indifferente (si consideri il fatto che le parole creano, ad un’attenta analisi, proprio quelle categorie mentali con cui poi noi vediamo, viviamo e decodifichiamo il mondo che abbiamo intorno): tolleranza, infatti, deriva dal verbo tollerare, che significa sopportare senza danno condizioni o sostanze potenzialmente dannose, e questo fa sì che implicitamente e necessariamente alcune religioni vengano ritenute superiori alle altre, o pericolose e sovversive.

VERSO NUOVI ORIZZONTI: IL DIALOGO INTERRELIGIOSO 

Dunque, se il concetto di tolleranza religiosa ha avuto senz’altro il merito di aver contribuito a una forma di conciliazione e pacificazione fra le differenti confessioni religiose, senza però risolvere del tutto, attualmente, il merito della questione, quale altro strumento può forse dialetticamente, filosoficamente e giuridicamente superare l’empasse e favorire la pace nella nostra società contemporanea? La risposta può essere individuata, a nostro avviso, nel dialogo interreligioso, che valica tutte le possibili limitazioni di natura politica, semantica o ideologica. Il dialogo, infatti, nel suo significato più autentico e per sua natura, implica la parità di trattamento e di dignità degli attori che lo instaurano, escludendo la discriminazione o le distinzioni gerarchiche, condizioni per le quali verrebbe meno il dialogo stesso. In questo senso, D. Ikeda  scrive: Nonostante tali differenze, ogni dottrina possiede al suo interno i principi e la saggezza necessari a realizzare la felicità delle persone (RSND, 1, XI).  Se è vero che la spiritualità sia una connotazione prettamente umana, il punto d’incontro per un dialogo interreligioso autentico risiede nella matrice profondamente umana che la connota: a incontrarsi sono pur sempre le persone, al di là delle proprie culture e credenze personali e ciò, a ben guardare, comporta che siano le menti e i cuori degli esseri umani a entrare specificatamente in relazione. Se è vero, dunque, che la diversità ci arricchisce, le varie religioni non potranno, in un’ottica di dialogo interreligioso così delineato, che arricchirsi a vicenda, nella ricerca ultima di un unico grande obiettivo: la pace e la felicità dell’intero genere umano. Risulta quanto mai illuminante, allora, la concezione di dialogo interreligioso promossa da D. Ikeda:

Nel contesto del dialogo interreligioso moderno, è necessario quindi accettare e valorizzare le molteplici caratteristiche di ogni singolo credo e, allo stesso tempo, afferrare la profonda verità e sapienza presente nelle sue dottrine. Non vi è dubbio che, così facendo, ogni religione potrà esercitare un’influenza positiva sulle altre e diventare sempre più una religione dedicata alla felicità del genere umano. Inoltre, continuando a percorrere questo cammino di dialogo e reciproco miglioramento, ogni fede potrà manifestare il proprio valore intrinseco, contribuendo alla creazione di un sodalizio di “religioni per l’essere umano” in grado di trasformarsi nella forza più grande per la realizzazione della pace nel mondo. Questo è il mio desiderio.   

(RSND, 1, XI)