Uno con mille ce la fa

  • Autore dell'articolo: Pietro Sorace
L’esperienza di Giuseppe Garibaldi, alzarsi da soli e rivoluzionare il proprio ambiente insieme agli altri
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In questo articolo di febbraio prendiamo come esempio Giuseppe Garibaldi, l’eroe nazionale del nostro Risorgimento, e la sua autobiografia, o meglio, le sue memorie autobiografiche.1

Garibaldi iniziò le sue memorie così:

Vita tempestosa composta di bene e male. Coscienza di aver cercato il bene sempre. Odiatore della tirannide e della menzogna, col profondo convincimento esser con esse l’origine principale dei mali e della corruzione del genere umano.2

Egli nacque a Nizza nel 1807, sotto la dominazione napoleonica del regno dei Savoia. La sua fu una vita molto attiva, a causa del suo spirito indomito sempre in cerca continua di nuove sfide.

Andò addirittura fin dall’altra parte del mondo, da giovane, per aiutare i rivoluzionari oppressi e per lottare con loro nel tentativo di costruire delle repubbliche libere. Da qui il celebre nome l’eroe dei due mondi. Si gettava letteralmente in un mare di imprese con una passione fuori dal comune, con cui riusciva a portare con sé tantissimi giovani come lui.

Come dice Daisaku Ikeda: Non guardate gli altri, dovreste essere voi a cominciare.3

Quando tornò in Italia, fallito il sogno repubblicano, fu lucido perseguitore e artefice dell’unità nazionale ad ogni costo, anche dovendo scendere a patti con la Monarchia Sabauda.

All’epoca di Garibaldi, infatti, l’Italia era divisa ancora in tanti piccoli/medi Stati che si facevano spesso la guerra tra di loro.

Tornato nella Penisola negli anni ’40 dell’800 percorse gran parte dell’Italia in aiuto a tutti i rivoluzionari che lo chiamavano e a portare il suo incoraggiamento di grande generale alle persone che soffrivano.

L’impresa più grande della sua vita, infatti, fu quella di aver unito l’Italia.

Con un contingente di appena mille combattenti e con il governo piemontese pronto a sottrarsi ad ogni responsabilità se il generale avesse fallito, Garibaldi condusse i suoi, attraverso una battaglia dopo l’altra, da Genova fino a Teano, dove consegnò l’Italia del Sud al re Vittorio Emanuele II.

Quale fu il segreto che condusse Garibaldi a quello storico risultato con così pochi mezzi?

Ce lo svela lui stesso quando racconta, infine, dell’incontro di Teano:

A Vittorio Emanuele (quando Garibaldi consegna le armi dell’esercito dell’Italia del sud al re) raccomandavo i miei valorosi fratelli d’armi. E questa era la sola parte sensibile del mio abbandono. Con tali compagni, alla cui bravura devo la maggior parte dei miei successi, io certo affronterei qualunque più ardua impresa! 4

L’importanza fondamentale nell’impresa dei mille fu quindi l’unità tra di loro. Infatti, dice Sensei: Una persona che lotta con tutta sé stessa vale di più di un esercito di 10 milioni di soldati.5 Non importava quanti fossero i pericoli che avrebbero corso, tutti credevano in un unico scopo e si fidavano di chi li guidava, del loro generale Garibaldi, che al tempo stesso si curava di ognuno di loro con incoraggiamenti e consigli continui. Da qui, come dice Ikeda, si distingue un vero leader, da come affronta le battaglie che si presentano lungo il suo cammino: La battaglia si decide dalla determinazione tenace di un leader e dal suo senso di responsabilità: “Assolutamente vincerò!” Se una persona ha questa decisione farà risvegliare Buddha e bodhisattva di valore6. Con questa decisione nel cuore determiniamo di vincere nelle nostre vite insieme ai nostri meravigliosi compagni di fede!

NOTE

  1. Giuseppe Garibaldi, Memorie autobiografiche, Giunti, 1982
  2. Ibidem
  3. Ai miei cari amici italiani, IBISG, 2003, p.68
  4. Giuseppe Garibaldi, Memorie autobiografiche, Giunti, 1982
  5. Ai miei cari amici italiani, IBISG, 2003
  6. Ibidem