Cercare conferme dagli altri: succede a tutti

  • Autore dell'articolo: Mirko Lugli, responsabile nazionale giovani uomini
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Ci sono giorni in cui basta poco per sentirci in bilico. E altri in cui ci sentiamo soddisfatti e sicuri di noi. Un messaggio che non arriva o un risultato raggiunto, ad esempio. Una parola che pesa, una lode che ci sprona ad andare avanti, un obiettivo mancato, un’offesa ben assestata.

Sono risposte dell’ambiente con cui ci confrontiamo fin dalla nascita e che hanno un impatto notevole sul nostro modo di stare al mondo, sulle nostre scelte, addirittura sul modo in cui ci percepiamo o sul modo in cui valutiamo ciò che abbiamo costruito. È naturale cercare conferme dagli altri o dall’ambiente: succede a tutti.

Ma il rischio è che quelle conferme diventino il metro per misurare quanto valiamo. E la verità è che nessuno potrà riconoscere il nostro valore se non siamo noi stessi a farlo. C’è poi un altro rischio, silenzioso, quando si vive in funzione delle conferme altrui: smettere di chiederci cosa desideriamo davvero.

A lungo andare facciamo scelte che non sentiamo nostre. Studi intrapresi per compiacere gli altri o per rispondere alle convenzioni sociali. Amicizie o relazioni sentimentali forzate, alimentate per non restare soli. Progetti abbandonati frettolosamente per via di un esito non soddisfacente. Senza neanche rendercene conto, gli sguardi, le parole, i silenzi, le reazioni degli altri arrivano a pesare più della nostra stessa voce interiore, che si fa via via più debole. Ma quella voce non potrà mai spegnersi del tutto.

La pratica buddista ci aiuta proprio in questo: cercare dentro di noi la risposta che spesso mendichiamo all’esterno. Pensando a questo tema mi è venuta in mente uno scritto di Nichiren Daishonin, il Budda che ha proclamato l’insegnamento di Nam-myoho-renge-kyo, in cui afferma: 

L’uomo saggio merita di esser chiamato tale perché non si lascia sviare dagli otto venti: prosperità, declino, onore, disonore, lode, biasimo, sofferenza e piacere. Non si esalterà nella prosperità né si lamenterà nel declino

Gli otto venti, RSND, 1, 705

Queste parole costituiscono un incoraggiamento per tantissimi membri della Soka Gakkai in tutto il mondo. Mettono in luce che se è vero che tutti noi siamo soggetti ai venti della lode e del disprezzo, della fama e della calunnia, della ricerca del guadagno e della paura della perdita, una persona saggia è colei che non si lascia sviare da questi venti, poiché riconosce che per quanto possano essere forti risultano sempre fugaci e passeggeri.

In una lezione su questo scritto Daisaku Ikeda spiega:

In genere le persone apprezzano i quattro venti favorevoli e cercano di evitare i quattro venti avversi, ma anche quelli favorevoli non rappresentano altro che forme di felicità relativa e temporanea.
Se permettiamo che a guidarci siano considerazioni relative a guadagni o perdite a breve termine, oppure le reazioni dell’opinione pubblica, se ci facciamo ossessionare da ciò che gli altri pensano di noi, concentrandoci solo su aspetti formali e superficiali e trascurando ciò che è veramente importante, nei momenti difficili di grande cambiamento non avremo alcuna possibilità di successo. È essenziale forgiare un io solido che sia impenetrabile agli otto venti.

Buddismo e società n.224

Per essere veramente felici è indispensabile costruire un simile io solido e irremovibile come una montagna, è essenziale diventare persone sagge. Come riuscirci? Sempre Daisaku Ikeda scrive a riguardo:

Saggio è chi ha la capacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, chi è in grado di afferrare l’essenza delle cose.
Per costruire un io solido che non si fa scuotere dagli otto venti sono indispensabili l’insegnamento corretto e il maestro corretto che ci guidino nel distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e ci spieghino le cause dell’infelicità e della sfortuna.

Buddismo e società n.224

La fortuna più grande che sento nella mia vita è aver trovato nel Buddismo di Nichiren Daishonin questo tipo di insegnamento e in Daisaku Ikeda un maestro eccezionale. I suoi incoraggiamenti sono per me una fonte di saggezza limpida e profonda. Leggendoli percepisco sempre una fiducia incondizionata nelle infinite potenzialità che ognuno e ognuna di noi possiede, grazie alla quale ho potuto tirare fuori a mia volta fiducia in me stesso e, allo stesso tempo, a coltivarla negli altri.

Le sue parole mi hanno anche fatto comprendere un aspetto importante quando parliamo della nostra relazione con l’ambiente: c’è una sottile – ma importante – differenza tra la ricerca di conferme al di fuori di noi e il desiderio di imparare dagli esempi positivi con cui entriamo in contatto. Cercare conferme all’esterno ci porta a essere dipendenti dagli altri e dall’ambiente. Diversamente, il desiderio di imparare dagli altri ci porta a migliorare come esseri umani e a desiderare di dare il nostro contributo.

Recitare Nam-myoho-renge-kyo è un mezzo veramente potente per sprigionare il nostro potenziale, un potenziale che possiamo mettere a disposizione per una trasformazione positiva e determinante della realtà in cui viviamo. Detto in termini buddisti, ognuno e ognuna di noi ha una missione che può realizzare in un modo unico. È la missione di diffondere coraggio e speranza, che equivale all’ideale di kosen-rufu.

Aprirci a questo ideale, decidere di realizzare questa grande missione, è qualcosa che può realizzarsi soltanto passando all’azione. In quel momento la nostra vita si trasforma completamente, senza dover cambiare nulla di noi stessi.

Nell’istante in cui agiamo per kosen-rufu, avviene una grande trasformazione. Da un atteggiamento passivo in cui, concentrati su noi stessi, cerchiamo conferme e approvazioni all’esterno, passiamo a un atteggiamento attivo in cui cerchiamo i punti di forza degli altri e ci adoperano per farli fiorire, mentre ci impegniamo nel migliorare noi stessi e nel realizzare le nostre aspirazioni.

Brilliamo della nostra luce unica. E un senso di felicità e soddisfazione pervade tutta la nostra vita.