Come faccio a capire cosa voglio fare nella vita?

  • Autore dell'articolo: Chiara De Paoli, vice responsabile nazionale giovani
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Chi non si è mai chiesto, almeno una volta, cosa vuole davvero fare nella vita? A qualunque età, è inevitabile preoccuparsi del proprio futuro. In particolare, quando si è giovani, ci capita spesso di “scandagliare” il nostro cuore per capire chi siamo e dove vogliamo andare. 

A volte ci sentiamo come su una barca in mezzo all’oceano: non possiamo sapere quali onde ci aspettano, né dove ci porterà il vento. Nel buddismo, la pratica quotidiana rappresenta quel timone che ci aiuta a non perdere la rotta, anche quando il mare si agita.

Ognuno e ognuna di noi ha una missione unica, qualcosa che solo noi possiamo realizzare. Questo è il motivo per il quale è inutile – se non addirittura dannoso – paragonarsi agli altri. D’altra parte, sapere di avere una missione nella vita non è che il primo passo: potremmo vivere tutta la vita senza mai scoprire la nostra!
Scrive infatti Daisaku Ikeda:

Le gemme preziose si trovano sottoterra, e senza scavare non potranno mai venire alla luce. Poi, una volta estratte, se non vengono lavorate con maestria, rimangono allo stato grezzo. Ognuno di voi possiede un raro gioiello nascosto nella profondità della propria vita. Siete come una montagna che contiene una gemma preziosissima: che peccato sarebbe vivere senza averla mai scoperta!

Daisaku Ikeda, Scuola e Lavoro, Esperia, p.66

Per scoprire la natura della nostra missione, c’è un’unica strada possibile: imparare a sfidarci al massimo delle nostre possibilità. Nella mia esperienza, affrontare le difficoltà del momento – la “montagna” che avevo di fronte – è sempre stato il modo più concreto per crescere e migliorare in ogni aspetto della mia vita. È così che ho fatto passi avanti reali, nello studio, nel lavoro, nelle relazioni.

Scegliere tra “ciò che è giusto e ciò che è facile”

Nel romanzo Harry Potter e il Calice di Fuoco, quando la tragica morte di Cedric Diggory dà inizio a una lunga stagione di lotta contro le funzioni del Male, il saggio professor Silente dice agli studenti di non dimenticarsi di Cedric quando dovranno “scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile” (J.K. Rowling, Harry Potter e il Calice di Fuoco). Non parla di bene e male in senso assoluto, ma di giustizia e facilità. Ho sempre trovato questo consiglio molto calzante: di fronte a una decisione, la strada più difficile è spesso quella che ci fa crescere di più.

Da adolescente invidiavo i miei amici che avevano già deciso cosa “fare da grande”, mi sembravano un passo avanti rispetto a me. Nonostante diverse passioni portate avanti con costanza negli anni, ho sempre nutrito interessi molto orizzontali. Mi piacevano tante cose, ma nessuna mai al punto da renderla totalizzante e volerla trasformare in un lavoro. Per questo motivo, invidiavo molto i miei amici e le mie amiche con un approccio più “verticale” del mio: voglio studiare medicina, lavorerò in magistratura, voglio aprire una mia attività. Tuttavia, è grazie allo sforzo di sfidarmi ogni giorno — anche nelle cose piccole — che la mia vita si è sempre orientata in maniera naturale verso professioni molto diverse tra di loro, ma che in comune avevano una grande trasversalità, che col tempo è diventata una mia caratteristica. A posteriori, posso davvero dire che nulla è andato sprecato

Inoltre, anche le scienze sociali stanno adattando i loro paradigmi a un mondo che negli ultimi decenni è molto cambiato. Zygmunt Bauman, in “La società dell’incertezza”, (Il Mulino, 1999) sostiene che nella modernità liquida l’identità non è più data una volta per tutte, ma è un progetto continuo. Quindi, la domanda “che cosa vuoi fare da grande?” non ha più sempre una risposta stabile per tutti, o per tutta la vita.

Lavoro e missione sono la stessa cosa

Tornando alla domanda iniziale, – come faccio a capire cosa voglio fare nella vita? – forse darsi una risposta univoca è meno importante di quanto pensiamo. Il Buddismo ci insegna che, in quanto Bodhisattva della Terra, in realtà, una missione l’abbiamo già: quella di incoraggiare le persone e far sì che tutti, compresi noi stessi, diventino felici. Attraverso l’abitudine a metterci costantemente alla prova — quella che il buddismo definisce “rivoluzione umana” — possiamo realizzare pienamente le nostre aspirazioni, pur non avendole ancora identificate razionalmente. La cosa importante è non confondere il lavoro ideale con la nostra missione: per quanto un lavoro possa piacerci, questa ha una portata estremamente più ampia, che abbraccia ogni ambito della nostra vita, compresa la relazione con gli altri e, per esteso, quella con l’intero universo. 

Diventare persone indispensabili

C’è però una cosa che possiamo fare fin da subito, proprio in questo momento, per dirigere la nostra vita in una direzione positiva. Daisaku Ikeda ce lo ricorda con queste parole:

Il presidente Toda diceva che la cosa più importante è diventare innanzitutto persone indispensabili, in qualsiasi posto ci si trovi. Questo è il modo per aprire la strada che vi permetterà di offrire il vostro contributo alla società. Infine, quando approderete al vostro ideale e vi guarderete indietro, potrete vedere che i vostri sforzi passati sono diventati un prezioso patrimonio. Vi renderete conto che nessuno sforzo e nessuna difficoltà sono andati sprecati.(Scuola e Lavoro, Esperia, pp. 73-74).

Daisaku Ikeda, Scuola e Lavoro, Esperia, p.73-74

Nella vita, in fondo, non è tanto importante “che cosa voglio fare”, quanto “che persona voglio diventare”. Il vero obiettivo è diventare persone meravigliose, di quelle che tutti vorrebbero avere accanto. L’importante è continuare a metterci in gioco, anche quando non abbiamo certezze sulla strada da intraprendere. Perché ogni volta che ci sfidiamo in qualcosa – anche se piccola – stiamo già andando nella direzione della nostra felicità